Diocesi
Servizio diocesano per l’inclusione delle persone con disabilità nelle Comunità parrocchiali. Arcidiocesi di Modena–Nonantola e Diocesi di Carpi
Specificità
A partire dal 2018, il Vescovo Erio ha affidato a un Diacono l’incarico di avviare un progetto pastorale finalizzato all’inclusione delle Persone con Disabilità nella Comunità cristiana. l’incarico diocesano si pone come riferimento trasversale a tutta la pastorale diocesana e ai servizi collegati che fanno riferimento al Vescovo per:
1) collaborare con i Parroci e di supporto agli operatori pastorali di ogni ambito ecclesiale e di servizio, per sviluppare una pastorale UNITARIA (coinvolgente tutta la Comunità Cristiana, come unica espressione della Carità di Cristo), INTEGRALE (in quanto considera la persona nel suo insieme, in tutte le sue componenti mentali, fisiche, sensoriali, spirituali, ecc., sia in ordine ai bisogni che alle risorse personali), INCLUSIVA (ogni ambito pastorale e della vita comunitaria è aperto e reso fruibile da chiunque, senza alcuna limitazione e discriminazione), adeguando opportunamente ogni contesto, modalità organizzativa ed operativa affinché ogni persona si senta accolta, accompagnata, soggetto attivo partecipe alla vita della Comunità come dono e presenza viva di Cristo risorto;
2) facilitare il processo di inclusione (conoscenza, accoglienza, integrazione, ecc) delle Persone con Disabilità nelle Parrocchie;
3) raccordare gli organismi diocesani e di natura ecclesiale operanti nell’ambito della disabilità, sviluppando una RETE di PROSSIMITA’ delle RISORSE presenti nei rispettivi territori, mettendo a disposizione delle Parrocchiale, le esperienze maturate nelle attività delle quali sono divenuti testimoni credibili ed affidabili, consentendo ad ogni Operatore pastorale di contattare direttamente i referenti degli Organismi, a cui intende rivolgersi, per informarsi, formarsi, conoscere, abilitarsi ad utilizzare prassi e modalità organizzative inclusive specifiche e adeguate ai bisogni riscontrati.
Riferimenti
GABRIELE BENATTI – famigliabenatti@gmail.com
1) Perché questo SERVIZIO?
Perché è necessario avviare dei processi di rinnovamento riguardanti alcune priorità essenziali alla vita pastorale delle nostre Comunità parrocchiali, attraverso alcuni passi:
a. Maturare la consapevolezza che nelle fragilità si nascondono tesori capaci di rinnovare le nostre comunità cristiane.
”Nella Chiesa, grazie a Dio, si registra una diffusa attenzione alla disabilità nelle sue forme fisica, mentale e sensoriale, e un atteggiamento di generale accoglienza. Tuttavia, le nostre comunità fanno ancora fatica a praticare una vera inclusione, una partecipazione piena che diventi finalmente ordinaria, normale. E questo richiede non solo tecniche e programmi specifici, ma prima di tutto riconoscimento e accoglienza dei volti, tenace e paziente certezza che ogni persona è unica e irripetibile, e ogni volto escluso è un impoverimento della comunità”. [1]
b. Far uscire le persone con fragilità dall’oscurità “pastorale”.
Il Vescovo Erio, nella sua lettera pastorale 2018-19 [2], notava che nelle realtà parrocchiali “vi sia una specie di zona d’ombra rappresentata da alcune fragilità racchiuse dentro alle mura delle case, degli ospedali o delle strutture per anziani e disabili”.
c. Essere vigilanti e preparati.
“È necessario essere pronti ad intervenire soprattutto se le famiglie sono sole e non riescono a sopportare il carico di una persona con grave fragilità e disabilità in casa, dove realmente rischiano di essere condannati all’isolamento perché non hanno né servizi né reti di supporto, a volte neppure risorse economiche sufficienti”.[3]
d. Essere casa accogliente di tutti
«Tante persone con disabilità sentono di esistere senza appartenere e senza partecipare.[4]
“In questo campo è decisivo il coinvolgimento delle famiglie, che chiedono di essere non solo accolte, ma stimolate e incoraggiate. Le nostre comunità cristiane siano case in cui ogni sofferenza trovi compassione, in cui ogni famiglia con il suo carico di dolore e fatica possa sentirsi capita e rispettata nella sua dignità.” [5]
2) CHE COSA FARE?
Per rispondere a tali esigenze il Vescovo desidera disporre di un servizio interdiocesano di collegamento e di supporto pastorale, a sostegno delle Comunità cristiane, al fine di sviluppare l’attenzione nei confronti delle fragilità più emarginanti;
a. “Mettere in comune quello che abbiamo”. [6]
Si tratta di far conoscere e condividere quello che abbiamo nella nostra Chiesa locale di Carpi e di Modena, riguardanti le numerose testimonianze e le concrete esperienze in grado di far emergere l’originalità della persona e, senza ignorare la criticità, considerare l’individuo per quello che è non per quello che non ha.
b. Rinnovare la pastorale con uno spirito di conversione e missionario
Le proposte riguardano un modo diverso di ascoltare, guardare, pensare, organizzare l’ordinaria attività pastorale delle nostre Parrocchie, perché non si tratta di “fare delle cose in più, ma di compierle con una conversione interiore e in uno stile di prossimità” [7].
c. Far crescere le Comunità parrocchiali come luogo aperto e accogliente con tutti,
È questo il contesto in cui ogni persona “può scoprire, insieme alla comunità cristiana, nuovi gesti e linguaggi, forme di comprensione e di identità, nel cammino di accoglienza e cura del mistero della fragilità.” [8].
d. Favorire la fraternità nel rispetto della diversità anche nelle assemblee liturgiche.
“Nel cammino di inclusione delle persone con disabilità occupa un posto decisivo la loro ammissione ai Sacramenti. Il Sacramento è un dono e la liturgia è vita: prima ancora di essere capita razionalmente, essa chiede di essere vissuta nella specificità dell’esperienza personale ed ecclesiale” … ” È importante fare attenzione anche alla collocazione e al coinvolgimento delle persone con disabilità nelle assemblee liturgiche: stare attenti e dare il proprio apporto all’azione liturgica con il canto e con gesti significativi, contribuisce a sostenere il senso di appartenenza di ciascuno. Si tratta di far crescere una mentalità e uno stile che metta al riparo da pregiudizi, esclusioni ed emarginazioni, favorendo una effettiva fraternità nel rispetto della diversità apprezzata come valore“.[9]
“Tante volte abbiamo paura delle diversità. Ci fanno paura. Perché? Perché andare incontro a una persona che ha una diversità non diciamo forte, ma grande, è una sfida, e ogni sfida ci fa paura. È più comodo non muoversi, è più comodo ignorare le diversità e dire: “Tutti siamo uguali, e se c’è qualcuno che non è tanto ‘uguale’, lasciamolo da parte, non andiamo incontro”. È la paura che ci fa ogni sfida; ogni sfida ci impaurisce, ci fa paura, ci rende un po’ timorosi. Ma no! Le diversità sono proprio la ricchezza, perché io ho una cosa, tu ne hai un’altra, e con queste due facciamo una cosa più bella, più grande. E così possiamo andare avanti. Pensiamo a un mondo dove tutti siano uguali: sarebbe un mondo noioso! È vero che alcune diversità sono dolorose, tutti lo sappiamo, quelle che hanno radici in alcune malattie… ma anche quelle diversità ci aiutano, ci sfidano e ci arricchiscono. Per questo, non bisogna avere mai paura delle diversità: quella è proprio la strada per migliorare, per essere più belli e più ricchi.” [10]
3) A CHI SI RIVOLGE
Il Servizio è rivolto:
a) ad ogni cristiano in cammino, per crescere e formarsi gli uni alla scuola dell’altro. La fragilità appartiene a tutti.
In realtà, ci sono persone con disabilità anche gravi che, pur con fatica, hanno trovato la strada di una vita buona e ricca di significato. “La vulnerabilità appartiene all’essenza dell’uomo” …” . Infatti, sulla strada della vita, ci imbattiamo spesso nella persona ferita, che a volte porta proprio i tratti della disabilità e della fragilità. «L’inclusione o l’esclusione di chi soffre lungo la strada definisce tutti i progetti economici, politici, sociali e religiosi. L’inclusione dovrebbe essere la «roccia» sulla quale costruire i programmi e le iniziative delle istituzioni civili perché nessuno, specialmente chi è più in difficoltà, rimanga escluso.” .[11]
b) Alle istituzioni ecclesiali, per arrivare a parlare non più di “loro”, ma solo di “noi”.
“Per quanto riguarda le istituzioni ecclesiali, ribadisco l’esigenza di predisporre strumenti idonei e accessibili per la trasmissione della fede. Auspico, inoltre, che questi vengano messi a disposizione di quanti ne hanno bisogno in modo il più possibile gratuito, anche mediante nuove tecnologie, rivelatasi così importanti per tutti in questo periodo di pandemia. Allo stesso modo incoraggio, per sacerdoti, seminaristi, religiosi, catechisti e operatori pastorali, una formazione ordinaria alla relazione con la disabilità e all’uso di strumenti pastorali inclusivi. Le comunità parrocchiali si impegnino a far crescere nei fedeli lo stile di accoglienza delle persone con disabilità. Creare una parrocchia pienamente accessibile richiede non solo l’abbattimento delle barriere architettoniche, ma soprattutto atteggiamenti e azioni di solidarietà e servizio, da parte dei parrocchiani, nei confronti delle persone con disabilità e delle loro famiglie. La meta è che arriviamo a parlare non più di “loro”, ma solo di “noi”.[12]
c) Agli Organismi Cattolici[13] e di ispirazione cristiana.
Gli organismi presenti nel territorio della Diocesi di Carpi e di Modena, che operano nell’ambito della disabilità (…e non solo) Il Servizio risponde all’esigenza di tessere una “RETE di CONTATTI da mettere a disposizione alle Parrocchie, alle famiglie e a volontari, con l’obiettivo di offrire l’opportunità di attingere conoscenze ed esperienze di buone prassi pastorali, a sostegno a chi è in condizione di disabilità.
4) CON QUALE STRUMENTI?
a) Il cammino sinodale.
Lo stile e gli strumenti sinodali sembrano proprio il miglior modo per uscire da una delle maggiori crisi che l’umanità abbia avuto nella sua storia recente, in quanto propone una sana pressi riabilitante della relazione interpersonale lungamente considerata solo come fonte di contagio. La forzata astinenza relazionale ritenuta, oggettivamente, necessaria, ha tuttavia richiesto un doloroso sacrificio a tutti, ma ha anche, paradossalmente, valorizzato: l’incontro con le persone, il potersi parlare e vedere liberamente, il bisogno della vicinanza gli uni degli altri e soprattutto poter stare accanto a chi desideriamo o che vogliamo bene.
b) Con il nostro comportamento. In questa prospettiva e in un contesto come quello attuale, ancora una volta le parole di Papa Francesco risuonano chiare e profetiche
“siamo chiamati a diventare, uniti a Lui, strumenti del suo amore misericordioso, superando ogni tipo di emarginazione.
Quando aiutate gli altri, li guardate negli occhi? Li accogliete senza paura di toccarli? Li accogliete con tenerezza? Pensate a questo: come aiutate? A distanza o con tenerezza, con vicinanza? Se il male è contagioso, lo è anche il bene.
Pertanto, bisogna che abbondi in noi, sempre più, il bene “lasciamoci contagiare dal bene e contagiamo il bene!” e per questo “bisogna favorire la cultura dell’incontro per sconfiggere la cultura dell’esclusione del pregiudizio” [15]
c) Con la condivisione delle esperienze e delle competenze.
In questa applicazione informatica, sono state raccolte più riferimenti possibili per poterli condividere. Ciò evidenzia che “c’è tanto bene nascosto” come afferma il nostro Vescovo Erio[16] , “che non fa notizia a differenza del male, c’è una rete di bene che rimane sotterranea, ma vivifica l’intero corpo ecclesiale e sociale, nonostante il dramma del male”.